I falchi tornano in picchiata sui mercati. I recenti dati macro americani e l’approccio ancora restrittivo dei banchieri centrali non danno scampo a Piazza Affari dopo il rosso consistente in chiusura di Wall Street che parte negativa, così come in generale le borse europee: Milano -0,7% a 27.648 punti dopo aver toccato il top da gennaio 2022. Francoforte -0,9% a 15.386 punti mentre  Parigi, dove l’inflazione torna a crescere: +6% a gennaio dopo il +5,9% di dicembre (gli analisti se lo aspettavano), cede il –0,7% a 7.309 punti.

Lo spread si muove sopra i 190 punti base, con il rendimento del Btp che si ripropone verso i massimi del 2023 al +4,4%, stesso discorso vale per il Bund tedesco al +2,5%.

Storie di borsa: Pirelli, Tim, Unicredit

Sul Ftse Mib corrono le banche in scia al rialzo dei tassi non ancora terminato: Bper Banca è il titolo più comprato a +2,4%, positivo anche Banco Bpm +0,9%. Occhio a Pirelli, -0,4%: la cinese Sinochem non ha alcun piano di vendita della sua partecipazione pari al 37% del gruppo milanese. Sempre da seguire Tim, -0,4%, in attesa del Cda straordinario in programma domenica di Cdp per formalizzare la controfferta a Kkr. E a proposito di consiglio d’amministrazione, Unicredit (-1,16%) proporrà la riduzione del numero dei membri: da 12 a 13 dopo le recenti dimissioni di Jayne Anne Gadhia.

Forti perdite per i settori difensivi e petroliferi: Recordati, -3,5% è il più venduto. Tenaris -2,4%, Amplifon -2,2%, Saipem -1,9%. Fuori dalle blue chip c’è Tod’s, -0,2%, che con Automobili Lamborghini (gruppo Volkswagen) ha firmato un accordo per la realizzazione di pelletteria, calzature e abbigliamento e accessori di lusso.

Infine  Juventus perde lo 0,6% dopo il pareggio col Nantes nel turno di andata dei play-off di Europa League, mentre Ss Lazio registra vendite pari a -1,4% dopo la vittoria che contro il Cluj.

Don’t Fight the Fed

Don’t Fight the Fed, dicevamo. I mercati comprendono che forse l’approccio ancora hawkish della Federal Reserve ha le sue ragioni. Lo si è visto con i dati americani sul lavoro pubblicati giovedì. Non solo l’inflazione scende meno delle attese. Ma, come fa notare Gloria Grigolon, investment specialisti di Pictet Am: “I cittadini Usa acquistano, le vendite al dettaglio sono ancora in crescita a gennaio, oltre il consenso e in maniera più forte rispetto a dicembre. Le richieste di disuccpiazione sono in calo, inoltre, anche l’indice dei prezzi alla produzione ha ripreso a crescere”.

In altre parole, siccome l’inflazione è ancora tre volte l’obiettivo della Fed e l’economia Usa è solida, c’è spazio per ulteriori aumenti dei tassi. E quindi la liquidità subirà ulteriori “strozzamenti”, a partire da quella sugli indici azionari (a Wall Street Nasdaq -1,8%, Sp500 -1,4%).

Questo lascia spazio nuovamente al dollaro americano. Che torna a essere re delle valute e in generale degli scambi in borsa. Il biglietto verde si muova sopra 104,47 (grafico sotto) ed è ai massimi da inizio anno. Euro dollaro ha chiuso alla vigilia sotto 1,07 e ora oscilla attorno a 1,06 ai minimi dell’ultimo mese, discorso simile vale per la sterlina, a 1,19, mentre perde lo 0,4%.

Agenda macro: focus si Regno Unito e Germania

E a proposito di sterlina, risalgono anche nel Regno Unito le vendite al dettaglio: +0,5% a gennaio su base mensile, meglio delle previsioni (-0,3%) e del dato di dicembre (-1,2%). In Germania invece l’indice del tasso di crescita deiprezzi alla produzione, in linea con quanto accade negli Usa, su base annuale è in aumento del 17,8% a gennaio(grafico sotto) rispetto allo stesso mese del 2022. Rispetto a dicembre (+21,6%) è in netto calo, ma meno delle aspettative di mercato (+16,4%). Indizio che in qualche modo “promuove” l’annuncio di Christine Lagarde presidente della Bce che giorni fa ha detto chiaro e tondo di voler aumentare i tassi di 50 punti base.

Materie prime: petrolio e oro

Il prezzo del petrolio si avvia a chiundere la settimana con un calo del 2% circa, a 77,2 dollari al barile (-0,9% grafico sotto) anche in questo caso appesantiti dai forti dati economici statunitensi e dai commenti da falco dei funzionari della Federal Reserve. Pesa anche l’annuncio del governo Usa di voler liberare altri 26 milioni di barili di petrolio dalle riserve strategiche, anche le scorte di greggio sono in forte aumento questa settimana. Per mantenere i prezzi sotto controllo (e quindi per evitare che scendano eccessivamente) l’Eia ha alzato le previsioni di crescita della domanda per il 2023, ma anche affermato che la produzione limitata da parte dell’Opec+ potrebbe portare a un deficit di offerta nel secondo semestre.

La forza del dollaro sottrae acquisti e valore anche ai metalli preziosi, come l’oro, tornato ai minimi dell’anno a quota1.822 dollari l’oncia, ma anche argento, platino e palladio, quest’ultimo utilizzato soprattutto nell’industria automobilistica, che in mattinata perde oltre il -3%, mai così in basso negli ultimi 3 anni a 1.451 dollari l’oncia.