A come aumento dei tassi

Hanno iniziato Banca centrale norvegese e Reserve bank of New Zealand già a partire dalla seconda parte del 2021. Con l’anno nuovo è toccato alla Bank of England. Hanno proseguito Bank of Canada e Federal Reserve. Infine, alla festa si è aggiunta la Bce. In realtà non c’è banca centrale che non abbia avviato l’aumento dei tassi nel 2022, eccezion fatta per Cina e Giappone (per ora).

Quello della Fed, come vedremo anche più avanti, è stato l’aumento più rapido mai visto nella storia recente e solo a dicembre c’è stato un allentamento della stretta. Diversa la situazione della Bce: Christine Lagarde, diventata anche lei Lady Hawk, ha detto chiaramente che l’Eutower andrà avanti ad alzare i tassi anche nel 2023 senza rallentamenti. All’insegna di un nuovo Whatever it Takes, ma con una narrazione differente. Non più: tutto per salvare l’euro. Ma: tutto per frenare l’inflazione.

B come Btp e come Bund

Come mai lo spread, dopo una fase di risalita, è rimasto sotto controllo? No, il governo Meloni non c’entra niente. La spiegazione sta nei rendimenti. Il decennale italiano è passato dal +1,1% di gennaio 2022 al +4,6% di dicembre 2022, a ridosso di una soglia d’allarme importante, quella del 5% che non si vede dal 2012, periodo della crisi del debito. D’altronde si sa, i nostri titoli di stato sono tra i più sotto pressione a causa dell’alto debito pubblico.

Il rendimento del Bund tedesco invece è passato da -0,17% di gennaio fino al +2,3% di dicembre, con un picco anche superiore al 2,5% (grafico sotto). Si tratta del massimo mai raggiunto negli ultimi 11 anni. Dunque il rendimento del decennale tedesco è cresciuto più del suo omologo italiano. Come mai? L’economia della Germania ha subito più di altri paesi gli effetti dell’invasione in Ucraina della Russia e della crisi energetica, che ha fatto letteralmente decollare sia i prezzi al consumo (il Paese è stato tra i primi in Europa a superare la doppia cifra) sia l’inflazione alla produzione (il picco di +45,8% raggiunti tra agosto e settembre è il massimo storico).


Grf bund negli ultimi 25 anni by tradingeconomics.com 

Lo spread, differenziale di rendimento tra Btp e Bund, è rimasto attorno o di poco sopra i 200 punti, ben lontano dalla soglia di allarme. Fino a oggi eravamo abituati a pensare che se non sale, vuol dire che l’Italia non sta dando segnali di incertezza politica ed economica. Stavolta il motivo è diverso.Stavolta è la Germania ad aver mandato segnali di debolezza. Ed ecco perché il rendimento del Bund, nel 2022, ha corso molto più di quello del Btp, in un contesto generale dove comunque tutti i titoli di stato di ogni paese hanno registrato aumenti significativi.

C come Crypto Crash

Lo sfavillante 2021, anno in cui i guadagni del bitcoin avevano raggiunto un massimo del 108%, e un record di valutazione a 70.000 dollari, è stato completamente cancellato dal cosiddetto crypto crash del 2022. Il -68% di quest’anno sui mercati non basta a spiegarne il crollo. Tant’é che la propensione al rischio degli investitori è ai minimi storici per quanto riguarda le valute digitali, nell’anno da molti considerato il cimitero delle criptovalute (crypto cemetery).

Il caso Terra Luna di fatto ha aperto il vaso di pandora. Ftx è stato probabilmente il colpo del ko. Nel 2023 potrebbero seguire altri crash, nonostante Binance stia provando a lanciare segnali rassicuranti vedi l’ultima acquisizione di Voyager, società specializzata in prestiti in criptovaluta finita in bancarotta lo scorso mese di luglio per 1,022 miliardi di dollari.

Si dice che la bolla crypto sia scoppiata. Probabilmente sì, ma non per motivi legati all’affidabilità delle criptovalute in sé. Bensì, come ha detto a Dealflower Orlando Merone, country manager di Bitpanda: “Il settore si sta ripulendo di ciò che non va, a partire dalle piattaforme più inaffidabili”. Ftx era una di queste, exchange che da sola valeva 32 miliardi (qui gli 8 motivi per cui Ftx era destinata al fallimento). Il fondatore, Sam Bankman Fried, arrestato e rilasciato su cauzione (250 milioni di dollari!) rischia 100 anni di carcere. Si aspettano tempi migliori e gli analisti garantiscono che arriveranno. Quando, per ora, è chiedere troppo.

D come Draghi

Ha dato le dimissioni da presidente del Consiglio nel mese di luglio (qui sotto l’inizio del suo discorso). Eppure, per qualcuno è ancora al suo posto. Spiegazione: per tutta la durata dell’opposizione al cosiddetto governo dei migliori, Giorgia Meloni è stata una vera e propria “pasionaria”, contestando ogni decisione dell’esecutivo. Poi però il vento è cambiato. Già dalla campagna elettorale si è percepita, come dire, una maggiore prudenza. E ora che la leader di Fratelli d’Italia è salita a Palazzo Chigi, in questi giorni al lavoro per l’approvazione della legge di bilancio, la nuova premier viene accusata di eccessivo draghismo.

Draghi non se n’è mai andato? In verità ce ne sono eccome di scelte prese dal governo Meloni che vanno nella direzione opposta rispetto al precedente esecutivo. La flat tax, la pasticciata proposta di legge sul Pos, ma anche l’abolizione del ministero della transizione ecologica e digitale o l’intenzione di cancellare lo Spid, il decreto anti rave, giusto per citare alcuni provvedimenti in ambito economico. Non benissimo. Su tutto il resto, la premier ha capito di non poter fare a meno dell’Europa. D’altronde, la politica è compromesso. Se ne accorse Matteo Salvini quando è salito al potere con il M5S per poi rimanerci con l’avvento di Draghi, subendo un vero e proprio crollo di consensi. Adesso lo sa anche il nuovo presidente del Consiglio.

E come Euro

Per la prima volta negli ultimi 20 anni è sceso sotto la parità contro il dollaro. Le ragioni sottostanti alla caduta della moneta unica sul biglietto verde? Essenzialmente due: i timori per una recessione in Europa, aggravata dall’inasprimento della crisi energetica, e l’avversione al rischio che ha portato gli investitori a puntare sulla valuta americana come asset rifugio, spingendo così il cross a quei minimi che non si vedevano dal 2002.

Le cose sono cambiate nell’ultimo trimestre. Il dollaro, che a settembre aveva raggiunto quota 114 sul proprio paniere di riferimento, mai così forte negli ultimi 20 anni, ha perso terreno scivolando fino a 104, vuoi perché il picco dell’inflazione in America sembra ormai alle spalle, vuoi per l’ammorbidimento nell’aumento dei tassi previsto da parte della Fed. E così, complice l’aumento dei tassi della Bce, l’euro ha riguadagnato area 1,0650, sui livelli di aprile.

In tanti hanno puntato il dito contro Christine Lagarde (qui sopra quando ha annunciato l’aumento dei tassi). Forse sarebbe bastata una dichiarazione del tipo: “Stiamo monitorando con attenzione il cambio euro dollaro. Interverremo se sarà necessario” per evitare il crollo della moneta unica. E invece niente, o quasi. Qualche problema anche con l’annuncio dellafine del Qe, a cui è seguita una riunione di emergenza per annunciare lo scudo anti spread. Anche in questo caso,  Lagarde non si è fatta mancare un po’ di suspence (e qui vi spieghiamo perché).

F come Fed

Come già anticipato, quello della Fed è stato l’aumento dei tassi più rapido, veloce e imponente negli ultimi decenni. L’istituto centrale americano è stato l’unico vero market mover del 2022. Mai come quest’anno la Federal Reserve ha avuto così tanti riflettori rivolti su di sé. Anche in virtù del cambio di rotta annunciato dal governatore Jerome Powell (qui sotto) verso la fine del 2021. Addio politiche espansive, addio colomba. Benvenuto falco.

Quattro aumenti consecutivi da 75 punti base non si erano mai visti prima. Una scelta quasi obbligata, quella di Powell. Anche perché per quasi tutto il 2021, quando l’inflazione già saliva a forte velocità, l’interpretazione della Fed era stata quella di un’inflazione temporanea e non strutturale. Salvo poi cambiare idea, quando alla crisi delle supply chain e dei colli di bottiglia si è aggiunta quella legata all’invasione della Russia in Ucraina e allo shock legato all’energia.

Gli effetti di questo aumento dei tassi ancora non si vedono. Non del tutto. Perché quando crescono con tale velocità, spiegano gli analisti, le conseguenze non si manifestano nell’immediato. Lo faranno nel tempo. Da qui, la recessione pressoché certa prevista sia per gli Usa, prima. Sia per l’Ue, poi. Ma questa è un’altra storia. Pardon, un’altra lettera.

G come gas…

Nel 2022 il mondo ha scoperto il cosiddetto Ttf. Acronimo di Title Transfer Facility, indice di borsa nel mercato dei Paesi Bassi, permette il commercio di gas all’interno della rete olandese e in tutta Europa. L’invasione russa in Ucraina ha spinto l’Ue ad applicare dure sanzioni economiche rivolte all’economia del Cremlino. Che a sua volta ha alzato il prezzo del gas, approfittando della dipendenza quasi assoluta del vecchio continente nei confronti di Mosca e della sua fornitura.

E così, complici le speculazioni sul Ttf, il costo ha raggiunto il valore record di 340 euro per megawattora nel mese di agosto, più del triplo dei 100 euro di partenza a gennaio e ancora di più, se si pensa che nel 2021 il prezzo non superava i 20 euro per megawattora.

… e come guerra

La combinazione ripresa post Covid, crisi della catena di approvvigionamento, crisi energetica e super inflazione ha causato una deflagrazione mai vista prima. E di cui l’Olanda stessa ha approfittato. Quando si è trattato di studiare un piano per regolamentare il prezzo del gas, alcuni paesi hanno fatto resistenza, Amsterdam in primis, che non voleva rinunciare ai profitti riguardanti gli scambi sulla piattaforma Ttf, ma anche la Germania, che non poteva (e non può) rinunciare al gas dopo aver fatto all in sul metano proveniente dalla Russia investendo su Nord Stream 2 e avviando contemporaneamente lo smantellamento delle centrali nucleari.

L’accordo sul tetto infine è arrivato. Per molti, un po’ all’acqua di rose. Perché solo quando il prezzo raggiungerà i 180 euro per megawattora e per tre giorni di fila, allora il tetto sarà operativo. Tradotto: scordiamoci definitivamente il gas a 20 euro. Come direbbe qualcuno: “La pacchia è finita” ? Intanto però il prezzo, nel mese di dicembre, sta scendendo. Ed è tornato ai livelli precedenti alla guerra, attorno agli 80 euro per megawattora. Decisivo il clima non più così rigido in Europa, i siti di stoccaggio ancora pieni e l’ampia fornitura proveniente dagli Usa e dalla Russia, che non ha più interrotto il flusso.

H come Hedge Fund

Sembrava una specie di bomba atomica. Lo scorso mese di agosto Bankitalia aveva lanciato l’allarme: è da settembre 2021 che fondi e investitori internazionali stanno vendendo Btp, per un totale di circa cento miliardi di euro. Panico. Gli hedge fund scaricano i nostri titoli di stato, destinati a diventare carta straccia. Ma non era proprio così. All’epoca i tassi erano quasi tutti negativi, vedi i Bund tedeschi a -0,5% e gli Oat francesi a -0,2%. Pur di parcheggiare parte della loro liquidità sulle obbligazioni dei paesi più affidabili, gli investitori erano disposti a pagare tassi negativi. Anche se i bond più redditizi (e discretamente acquistati) di allora erano proprio gli italiani, che rendevano il +0,5%.

Sempre a settembre 2021 però la Bce annunciava la fine del programma di acquisto di titoli di stato, primo step verso l’aumento dei tassi successivo. Veniva così a mancare il principale compratore sul mercato di titoli di stato. E così non solo il rendimento dei Btp, ma di tutti i bond, ha ricominciato a salire (non ha ancora smesso). Oggi il Bund rende il 2,5%. L’Oat francese e i Bonos spagnoli sono sopra il 3%. E quelli italiani? Con il contesto peggiorato e la recessione vicinafondi e investitori stanno riducendo il rischio. E di questi tempi, il 2,5% della Germania, rating tripla A, vale più del 4,6% di un paese come l’Italia, più indebitata e rating tripla B.

Questo è il motivo per cui l’estero ha “scaricato” i nostri Btp. Sarà un problema? Probabilmente sì. Il governo Meloni dovrà ricollocarli e lo farà inevitabilmente alzando ulteriormente gli interessi. E quindi aumentando il debito. Ed ecco perché di recente è venuta fuori l’idea del Btp autarchico. Titoli di stato con agevolazioni fiscali destinati solo agli italiani, per fare in modo che l’imponente risparmio dei cittadini venga convogliato verso il debito nazionale.


Grf Inflazione in Italia by tradingeconomics.com 

I come inflazione

La parola chiave del 2022. I mercati non hanno guardato altro per tutto l’anno. Negli Usa ha raggiunto il 9,1%, ai massimi degli ultimi 40 anni. Il Regno Unito è stato il primo a entrare in doppia cifra, centrando l’11,1%, record storico. C’è andata vicina anche la Germania: il suo +10,4% non si vedeva dal 1951.

In Italia l’inflazione si è mossa in ritardo. Ma adesso è quella che è cresciuta più di tutti, superando anche il Regno Unito: +11,8% (grafico sopra), e al top negli ultimi 37 anni. Ed essendoci arrivati dopo tutti gli altri, è anche probabile che scenderà molto più tardi. Aspettando che l’aumento dei tassi, la Bce, ma anche le politiche fiscali del governo, facciano la loro parte.

L come Lufthansa

Forse ci siamo. Nell’ambito della partita infinita che riguarda Ita Airways, compagnia italiana che ha preso il posto di Alitalia, attiva dal 15 ottobre 2021 e alla disperata ricerca di un partner, Lufthansa è tornata di attualità. Il governo sta lavorando affinché l’azienda tedesca rilevi una quota che va tra il 40% e il 49%. L’accordo potrebbe arrivare in queste ore. Ma la telenovela Alitalia è roba che Sentieri al confronto è lunga quanto una storia di Instagram.

Le ultime puntate avevano visto quest’estate il governo Draghi scegliere il consorzio composto da Certares, Delta e Klm-Air France. Solo che l’idea al governo Meloni non è piaciuta. Le trattative si sono prolungate troppo. Tempo scaduto. Tutto da rifare. Dopo diversi mesi di attesa, Lufthansa, precedentemente in cordata con Msc, è diventata la possibile carta vincente. Almeno fino alla prossima puntata. Sigla. This is the time to remember.

 

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M come Musk

“Ma sì, dai. Alla fine me lo compro, questo Twitter. Prendetevi ‘sti 44 miliardi ma almeno fatemi entrare in sede con un lavandino in mano”. E che problema c’è, tanto l’azienda era diventata sua! Il 2022 è stato il più Elon Musk centrico di sempre. Decidere da dove partire è complicato. Proviamoci. Tesla: in un anno ha perso più del 65% a Wall Street, passando da 400  a 130 dollari ad azione. Il 3 gennaio la capitalizzazione era pari a 800 miliardi. A dicembre la cifra è scesa a 385 miliardi, ribasso maggiore della valutazione combinata di qualsiasi altra casa automobilistica. Il calo della domanda e la crisi del settore hanno inciso. Ma in aggiunta ci sarebbero anche oltre 22 miliardi di $ di azioni vendute dallo stesso Musk per sostenere l’operazione Twitter.

Space X: 59 il numero totale di missioni completate nel 2022. Se la space economy è tornata alla ribalta, lo si deve anche e soprattutto a Space X. Recentemente il miliardario giapponese Yusaku Maezawa ha annunciato i nomi degli 8 passeggeri che lo accompagneranno nel primo viaggio attorno alla Luna con un razzo Space X. Non è chiaro quando avverrà ma l’equipaggio è pronto. Starlink: 10.000 satelliti di Musk sono subentrati in soccorso all’Ucraina per consentire al popolo sotto attacco da parte della Russia di avere libero accesso alla rete. Infine, ma non per ordine di importanza ovviamente, l’operazione Twitter.

Ultima puntata della telenovela, l’annuncio delle sue dimissioni da ceo del social media. A patto di trovare qualcuno più folle di lui. L’imprenditore sudafricano non è più ufficialmente l’uomo più ricco del mondo. D’altronde sfidiamo chiunque a esserlo con 44 miliardi di dollari in meno. Come si dice sul web: “Spiaze”. Ma siamo sicuri che sia già fatto una ragione.

N come Nasdaq

L’indice internazionale che ha perso più valore nel 2022. Sempre più insistentemente si tende a paragonare il calo delle big tech del 2022 a quello del 2000. Dicembre il mese che più di tutti gli altri fa da indizio: i ribassi di Wall Street non sono mai stati così forti proprio dalla crisi della bolla dot-com, quando Amazon perse il 94% (anche se all’epoca Amazon non era ancora la Amazon di oggi). Quest’anno la compagnia di Jeff Bezos ha perso il 50%. Meta il 65%, con tanti saluti al Metaverso. E poi ancora: Apple -26%, Microsoft -30%, Google -49%, Netflix -51%, Nvidia, compagnia legata allaproduzione dei microchip, -48%.

E il Nasdaq, che tra il 2020 e il 2021 aveva guadagnato fino al 75%, quest’anno segna -36%, complice l’aumento dei tassi che ha ridotto, e sta riducendo ancora, la liquidità.Nel 2022 l’indice tech ha dimezzato i rialzi dei due anni precedenti. Vero che la crescita del settore è stata giudicata all’unanimità come eccessiva, complici i vari lockdown. Ma la domanda ora è: cosa succederà nel 2023? Durante la bolla del dot-com, il Nasdaq subì un crollo dell’80% in meno di due anni. Nel 2022 ne ha smarrito poco meno della metà. Dunque, siamo nella media.

Tuttavia l’indice tecnologico può sempre sorprendere. Alcuni settori Growth lo stanno già facendo (internet e cloud in primis). I primi tre mesi del nuovo anno saranno quelli chiave dopo le prime scadenze e le trimestrali di gennaio: aiuteranno la Fed a decidere quando fare marcia indietro nell’aumento dei tassi. Fino a quel momento, un uptrend duraturo non appare possibile.

O come Opa

Una vera e propria pioggia di Opa e delistingf quest’anno a Piazza Affari. Il 2022 si porterà via dal listino milanese circa 33 miliardi di euro di capitalizzazione. In tutto sono ventitré le uscite dal listino milanese. Tre le Opa solo nel mese di dicembre (Dea Capital, Finlogic, Prima Industrie). Tra le varie aziende che hanno lasciato Milano: Banca Finnat, Cattolica Assicurazioni, Cerved, Falk Renewables, Sourcesense, As Roma, La Doria, Banca Carige, Ross ed Exor, che ha traslocato ad Amsterdam (qui il nostro approfondimento).

A poco è servito dunque (ma gli effetti maggiori potrebbero scattare a partire dall’anno prossimo) la contromossa di Borsa Italiana per frenare la fuga delle società da Piazza Affari, attiva da inizio ottobre. Meno regole per semplificare la quotazione, allineandola maggiormente agli altri mercati comunitari, questo era l’obiettivo. Ma il sistema, come ha spiegato a Dealflower Simone Strocchi, presidente e fondatore di Electa, società specializzata in deal structuring e investimenti in capitale costruttivo, resta troppo “borbonico”. E tiene ancora lontane le pmi dalla quotazione.

D’altra parte, sempre nel 2022, le Ipo sui mercati italiani hanno registrato una contrazione del 47% secondo Ey, mentre per i capitali raccolti il calo è pari a -46% rispetto all’anno scorso. Ipo che in tutto sono 26, per una raccolta globale di 1,4 miliardi di euro, quasi tutte di medie piccole dimensioni. La debolezza dei listini mondiali ha senz’altro avuto un peso importante: Piazza Affari ha perso il 13% circa quest’anno. Resta appetibile l’Euronext Growth, che conta 187 società con una capitalizzazione di mercato totale di 10,3 miliardi di euro.

P come Putin

L’invasione della Russia in Ucraina ha cambiato il mondo. Ha modificato gli equilibri geopolitici, destabilizzato le economie di gran parte dei paesi di tutto il globo. E ha esasperato la crisi energetica, che, va ricordato, già esisteva da prima a causa della ripresa post Covid, dei colli di bottiglia e della crisi della catena di approvvigionamento. Ha anche terrorizzato i mercati, specie quando si è fatto largo l’idea di un conflitto nucleare. E rinviato, probabilmente, la transizione ecologica, visto che lo shock energetico dei prezzi ha riportato diversi paesi ad affidarsi al carbone.

Dietro tutto questo c’è il presidente russo Vladimir Putin. Che non si è fermato davanti a niente. Non si è fermato davanti alle sanzioni che la Nato, l’Ue e gli Usa hanno rivolto contro Mosca, ultimo il tetto al prezzo del petrolio stabilito dal G7. Non lo ha fatto davanti all’abbandono di tantissime multinazionali dal territorio, al sequestro dei beni dei miliardari russi amici suoi, né davanti alla popolarità crescente del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, votato personaggio dell’anno dalla rivista Time.

La Russia è entrata in una delle più pesanti recessioni della sua storia, con il Pil in contrazione del -5,5% nel 2022 e una stima pari a -3,2% nel 2023. Putin però è riuscito contemporaneamente a mettere in difficoltà l’Occidente stesso. Gli effetti delle sanzioni ci sono stati (qui il Moscow Times spiega com’è cambiata la vita del popolo russo) ma forse al di sotto delle aspettative. Muovendo contro Kiev, Putin ha messo in ginocchio l’Ucraina in primis, la cui ricostruzione sarà lenta e dispendiosa. Ma anche Russia e resto del mondo, facendo emergere debolezze politiche, come le divisioni interne all’Ue, ed economiche, vedi le conseguenze dell’affidamento da parte di un paese a un solo fornitore (Germania e Italia in primis) per le materie prime.

Q come Qatar Gate

Il Mondiale più costoso di sempre. Ma anche il più discusso, e soprattutto criticato. Non solo perché ha interrotto i campionati nazionali, essendosi svolto tra novembre e dicembre (anche in questo caso, prima volta in assoluto). Ma soprattutto a causa dei diritti umani non rispettati in Qatar,  sia a livello sociale che lavorativo. È successo durante i lavori di costruzione degli stadi. Succede ogni giorno, come riporta Amnesty, nei confronti delle donne, della comunità Lgbtq+ e dei migranti, in aggiunta alle limitazioni alla libertà di stampa e alle manifestazioni, solo per citare altri temi caldi.

Quello che rimane della competizione è Leo Messi che solleva la coppa del mondo (e supera l’uovo per numero di like su Instagram). Kylian Mbappè che segna una tripletta in finale, sessantasei anni dopo Geoff Hurst nella vittoria dell’Inghilterra sulla Germania per 4-2 nel 1966 aumentando così ulteriormente il valore del suo cartellino, ora salito a 180 milioni di euro. Salt Bae che bacia la coppa tra gli guardi perplessi degli argentini, e il miracolo del Marocco giunto in semifinale. L’Italia? Assente. Eccezion fatta per il cosiddetto Qatar Gate, nome assegnato a quello che potrebbe essere il più grande scandalo di corruzione mai visto all’interno del Parlamento europeo.

Tutto è iniziato con il fermo di 4 italiani e l’annuncio dell’inchiesta in corso avvenuti nella prima metà di dicembre. C’è l’ex europarlamentare del Pd, Pier Antonio Panzeri, nella cui casa sono stati trovati, e sequestrati, 500.000 euro in contanti. C’è il suo ex assistente Francesco Giorgi, il capo della Confederazione internazionale dei sindacati Luca Visentini e il segretario generale dell’ong No Peace Without Justice Niccolò Figà-Talamanca. A loro si è aggiunta la vicepresidente del Parlamento Ue, Eva Kaili, greca, compagna di Giorgi, accusata di associazione a delinquere, riciclaggio e corruzione, reati contestati anche allo stesso Giorgi, Panzeri e Figà-Talamanca.

Un giro di denaro (il padre di Kaili è stato fermato all’aeroporto a sua volta con una valigia piena di banconote) che, secondo la teoria degli inquirenti, doveva promuovere gli interessi del Qatar, impegnato in una campagna per migliorare la sua immagine proprio in vista della Coppa del Mondo. Campagna che, a giudicare dal discorso in Parlamento della stessa Kaili il 21 novembre scorso (qui sopra) procedeva a gonfie vele da almeno un mese.

R come recessione

Quella tecnica è quando il Pil di un Paese diventa negativo per due trimestri consecutivi. In altre parole: se l’economia si contrae per sei mesi o di più, allora è recessione tecnica. In questo caso però il riferimento è quello rivolto a una recessione economica, che come durata è molto più estesa, di solito 10 mesi ma può dipendere da Paese a Paese. Stando agli ultimi dati macroeconomici provenienti dalle varie aree geografiche di tutto il mondo, la recessione è certa in Europa e probabile negli Usa. Nel 2023, d’accordo. Ma ciò non toglie che l’argomento è diventato uno dei leit motive del 2022, soprattutto nel II semestre.

Nel primo caso, quello del vecchio continente, i motivi sono sostanzialmente legati alla crisi energetica e all’invasione della Russia in Ucraina. Nel secondo caso, quello degli Stati Uniti, la chiave è l’aumento dei tassi d’interesse avviato dalla Fed a velocità record per frenare la crescita dell’inflazione. Inoltre, è importante osservare i rendimenti. Per un certo periodo il titolo di stato Usa decennale (grafico sotto) ha reso meno di quelli con scadenza a due anni: un’inversione di curva che statisticamente coincide spesso con una recessione nell’anno successivo.


Grf t-note Usa dieci anni by TradingEconomics

Diminuzione della spesa dei consumatori. Aumento dei costi (ah, le bollette) aziendali e familiari. Diminuzione dei prestiti. Mercati finanziari che crollano. Oggi sta succedendo tutto questo. Le conseguenze? Più disoccupazione. Meno domanda (di petrolio, ma in generale di materie prime), meno liquidità (il famoso aumento dei tassi) e quindi meno prestiti, salari stagnanti e prezzi che scendono. Che poi quest’ultimo, come già anticipato in più di un’occasione, è il vero obiettivo delle banche centrali. Frenare l’inflazione, a ogni costo. Recessione compresa. E così il cerchio si chiude.

S come succo d’arancia

E anche come “strano, ma vero”. L’unica materia prima tra gli agricoli e non solo ad aver guadagnato il 50% da inizio anno è il succo d’arancia surgelato, i cui futures si possono scambiare a Wall Street, alla pari con l’oro, l’argento, la soia, il grano, il gas o il petrolio. Il cosiddetto Frozen Concentrated Orange Juice (Fcoj) in questo 2022 si è mosso in totale controtendenza rispetto a tutte le altre commodities: nessun’altra infatti è aumentata così tanto di prezzo come vi spieghiamo bene qui. C’entra il climate change. C’entrano la siccità che ha colpito il Brasile, principale produttore, e gli uragani che hanno messo in ginocchio i raccolti della Florida, assieme a un particolare batterio difficile da stanare che causa il cosiddetto “inverdimento degli agrumi”.

A novembre, il costo del succo d’arancia surgelato ha raggiunto area 2,20 dollari per libbra, ai massimi degli ultimi sei anni. Ogni riferimento al film cult di Natale “Una poltrona per due” è assolutamente voluto. Lo scenario che ci ha offerto il 2022 infatti è esattamente quello che i fratelli Duke speravano di vedere per mettere ko il mercato. Chi ha acquistato i futures del succo d’arancia a febbraio, valore 1,33 $, forse non potrà godersi le Isole Vergini in barca a vela come fanno i protagonisti del film nella scena finale. Di sicuro ha guadagnato qualche soldino in più da spendere per la fine dell’anno. Tanti auguri.

T come Tim

Il più grande nodo da sciogliere per il governo Meloni, assieme a quello di Ita Airways, dell’ex Ilva e di Mps (per i primi tre ci sono in ballo 25.000 posti di lavoro). Senza contare il tema delle bollette, che rimarranno contenute fino a marzo (ma il prezzo del gas sta effettivamente scendendo). La chiave per Tim è il debito, 25 miliardi di euro. Tutto dovrebbe risolversi entro la fine dell’anno ma la vicenda si trascina da tempo immemore.

Da inizio anno il titolo si è deprezzato di oltre il 50%, passando da 0,4360 a 0,217 euro ad azione. Tutte le strade sono ancora aperte tranne quella dell’Opa totalitaria di Cdp, con tanto di messa in vendita degli asset commerciali.  Si guarda ancora all’ingresso di fondi esteri, con Kkr, Vivendi e Macquarie già dentro fino al collo, in particolare la società francese, azionista di maggioranza.

C’è poi il tema della rete unica, punto di partenza della vicenda, valorizzata attorno ai 16 miliardi da Cdp e Open Fiber ma che per Vivendi non vale meno di 21 miliardi. Ancora viva l’idea dello scorporo tra rete fissa e quella dei servizi, come diceva li stesso ad Pietro Labriola: “Dividere per creare valore”. Infine, ma non per ordine di importanza, c’è il tema dei licenziamenti: in tutto 9.000, stando al piano industriale presentato quest’estate.

U come United Kingdom

Dopo la più clamorosa decisione popolare forse di sempre, in una parola: Brexit, e dopo il più grande scandalo che abbia mai travolto Downing Street, i festini privati in periodo Covid che hanno portato alle dimissioni di Boris Johnson, ecco il governo più breve di sempre per il Regno Unito: quello di Liz Truss. Terza donna premier nella storia dello Uk (qui il nostro ritratto su Instagram) ma anche la prima, dai tempi di Churchill, a guidare il paese sotto due monarchi. E accompagnata, infine, alla più imbarazzante riforma fiscale della storia politica inglese. Non si è certo annoiato, il popolo britannico, nel 2022.

La morte della Regina Elisabetta II è stato indubbiamente l’evento più importante dell’anno. Ma sul fronte politico e soprattutto economico, le dimissioni di Johnson sembravano rappresentare una svolta per la Gran Bretagna. Il problema è che Liz Truss, erede di BoJo, ha fatto peggio, se possibile, finendo sotto accusa in pochi giorni. Il motivo? Come detto: la sua politica fiscale espansiva. Voleva abbassare le tasse alle fasce più ricche aumentando il debito proprio nel momento in cui l’inflazione (sempre lei) aveva raggiunto la doppia cifra di crescita nel Regno Unito: +10%, superiore a Ue e Usa.

Un corto circuito: da una parte il governo, cercando di sostenere l’economia, favoriva ulteriore inflazione. Inflazione che però, dall’altra parte, la Bank of England già da tempo era impegnata a frenare con l’aumento dei tassi d’interesse. Conseguenza: la sterlina è crollata ai minimi degli ultimi 37 anni fino a 1,03 nel cambio con il dollaro. La Boe ha dovuto subito avviare anche un acquisto massiccio dei titoli di stato inglesi, che avevano raggiunto un rendimento massimo del 4,6%, livello record dal 2008. Nel frattempo, con tanto di effetto domino, sono iniziate le dimissioni all’interno del nuovo governo. E così Truss ha mollato dopo 45 giorni (sopra, il suo discorso)quarto premier conservatore bruciato in 6 anni. Al suo posto, Rishi Sunak. Good luck.

V come Volatilità

È dall’inizio della pandemia che “volatilità” è probabilmente la parola più usata per definire l’andamento del mercato. Roba che ogni qualvolta viene pronunciata è subito meme con Robert Downey Jr e i suoi occhi rivolti verso l’alto. Dal 2020 i listini internazionali hanno attraversato un periodo a dir poco turbolento e il 2022 non ha fatto eccezione. L’S&P 500, l’indice più importante di Wall Street, ha accusato il peggior primo trimestre dal 1939 e terminerà l’anno con un ribasso attorno al 20%.

L’ultima volta che aveva raggiunto un rosso del genere era stato nel 2008, inizio della crisi dei mutui subprime. Già detto del Nasdaq, i motivi, oltre a quelli ormai risaputi, un mix tossico di tensioni geopolitiche, ripresa post Covid, crisi della supply chain, inflazione e aumento dei tassi, sono anche da cercare nel fatto che nel biennio 2020-2021 i mercati hanno corso troppo. In questo lasso di tempo l’S&p 500 è cresciuto di quasi il 47%. Ma se guardiamo dal 2009 a fine 2021 l’accelerazione è impressionante: +430%. Il tutto grazie alla smodata liquidità agevolata dalle politiche espansive portate avanti, all’epoca, dalle banche centrali.

Le obbligazioni non hanno fatto eccezione. Nel primo trimestre 2022 i bond Usa hanno smarrito il 10%. Non succedeva dal 1842, nel pieno della depressione. Una dinamica quasi inedita. Per la prima volta dal 1994 le vendite hanno colpito azioni e obbligazioni in contemporanea. Il Bund tedesco ha perso il 22%. Il rendimento del decennale Usa è cresciuto dall’1,5% di gennaio fino al 4,3% di ottobre. In altre parole: la volatilità del 2022 ha cambiato le dinamiche del mercato. In condizioni normali, un dato macro americano positivo genera acquisti sull’azionario. Nel 2022 è successo l’opposto. L’economia Usa forte ha agevolato la scelta della Fed sull’aumento dei tassi, riducendo la liquidità e, di conseguenza, la propensione al rischio.

aumento dei tassi

Z come Zero Covid

La strategia Zero covid ha segregato in casa milioni di cinesi. La loro vita sociale è rimasta congelata in un eterno 2020. Una chiusura infinita che di fatto ha rallentato anche il Pil cinese come non succedeva da 30 anni. Il 2022 è un anno storico anche per il colosso asiatico. Per la prima volta la Cina è cresciuta meno dei suoi vicini: +2,8% Pechino, +5,6% il resto della regione asiatica. I voli interni sono diminuiti del 45%. Nei primi 9 mesi dell’anno le tre maggiori compagnie hanno perso 9 miliardi di euro. Un giovane su 5 non trova lavoro e il tasso di disoccupazione giovanile è del 19,9%, massimo storico.

Ma la politica Zero Covid ha anche scatenato un’ondata di proteste contro le autorità, sotto il nome di  “rivoluzione dei fogli bianchi”, a simboleggiare l’assenza nel paese della libertà di parola, oltre che di spostamento. Negli ultimi tre anni la Cina rimasta chiusa al mondo esterno. In questo senso il mese di dicembre è un passaggio chiave. Il governo ha deciso di riaprire e non lo farà gradualmente. I contagi crescono a dismisura, si parla di oltre un milione di positivi e 5.000 morti al giorno. Si parla, perché Pechino ha sospeso le comunicazioni in questo senso. E l’Europa guarda a questa riapertura con preoccupazione.

Secondo l’Ispi, il Pil cinese registrerà un recupero nel 2023 con un +5,5%, raddoppiando il dato del 2022. Ma si tratta di un’impennata che sta ben al di sotto di quella registrata dopo la precedente ondata pandemica, quella del 2021 (+8,1%). La sensazione è che Pechino possa subire una decelerazione strutturale: le proiezioni per il 2024 indicano un +4,5%. E se la Cina rallenta, le materie prime potranno subire un lieve ribasso (rame e petrolio in primis), ma c’è anche il rischio che l’intera ripresa internazionale possa subire un rallentamento. Tradotto: se la Cina frena, frena anche il resto del mondo.