Consolidano i minimi della vigilia gli indici europei, a caccia di un rimbalzo che, in avvio di scambi, nonostante i futures sopra la parità, non arriva. E tra indici, materie prime e valute, spicca in negativo il rendimento del Bund, che tocca il 2% per la prima volta dal 2013. Questo significa che il decennale tedesco non è mai stato così “inaffidabile” negli ultimi nove anni.

Piazza Affari cede lo 0,3% a 21.736 punti, Francoforte arretra dello 0,16% a 12.511 punti e occhio dal punto di vista tecnico alla “gravestone doji”, figura ribassista creatasi nella seduta di giovedì che potrebbe prevedere nuovi target negativi. Parigi, -0,3%, dopo aver infranto il supporto di 6.000 punti ora scende anche sotto quota 5.900 mentre Madrid perde lo 0,2% a 7.752 punti.


Grf Ftse Mib by Borsa Italiana

Alle 20 parla Powell

Salvo sorprese il vecchio continente chiuderà la seconda settimana consecutiva in rosso, scenario quasi inevitabile dopo le strette di molte banche centrali che hanno alzato i tassi per timore che l’inflazione salga ancora, con il membro del consiglio direttivo della Bce Isabel Schnabel che ha preannunciato pressioni inflazionistiche nell’eurozona più persistenti del previsto. Senza considerare la mobilitazione militare della Russia, che minaccia di interrompere ulteriormente le catene di approvvigionamento. Alle 20 attesa per un intervento di Jerome Powell, governatore della Fed.

L’agenda macro europeo prevede i risultati preliminari degli indici Pmi del settore manifatturiero. Spicca la contrazione del dato in Germania, 48,3, il valore più basso dal 2020 che conferma le stime ma al di sotto del 49 precedente e le difficoltà economiche del paese, certificate anche dall’andamento del bund. Pesante calo anche in Francia a 47,8 a settembre dal 50,6 di agosto.

Bund tedesco mai così “inaffidabile” da 9 anni

Lo spread resta sotto i 220 punti base, forte spinta verso l’alto del bund tedesco che tocca il 2% di rendimento, record dal 2013 (grafico sotto). Btp decennale vicino al 4,2%, poco distante dai massimi dello scorso mese di giugno. I titoli migliori sono Amplifon, +1,6%, e Tim, +1%. Tonica anche Mps che guadagna l’1,3%: il pre-accordo con Anima Holding per un supporto all’aumento di capitale della banca da 2,5 miliardi fino a 200 milioni di euro passa anche da un’intesa di massima sul rinnovo dell’accordo commerciale tra le due realtà. Aumento di capitale che dovrà partire entro metà ottobre, per concludersi entro il 3o novembre.

Sopra la parità in apertura il comparto utility, con Terna che ha sottoscritto due linee di credito pari a 200 milioni di euro complessivi legate a indicatori Esg mentre è negativo l’intero settore oil, Saipem ed Eni in primis (-1,9%).

Dollaro sui massimi con euro, sterlina e dollaro australiano

Il dollaro rimane l’asset più comprato dagli investitori. Con il Dollar index sopra quota 111,7 (grafico sotto), il biglietto verde si conferma vicino ai massimi degli ultimi vent’anni segnati durante la seduta di giovedì. La formula resta uguale: se il mercato vende l’azionario, significa che sta comprando dollari. Sui massimi pluridecennali anche i cambi con euro e sterlina, superati i record degli ultimi due anni anche con il dollaro australiano e neozelandese. Diversa la situazione con lo yen giapponese, dopo l’intervento delle autorità giapponesi sul mercato valutario a sostegno della  moneta nipponica: non succedeva dal 1998.

Petrolio, quarta settimana di fila in rosso

La forza del dollaro influisce negativamente sui prezzi del greggio: è quarta settimana consecutiva in rosso per il petrolio, sotto gli 83 dollari al barile. (grafico sotto). Pesa la stretta monetaria delle banche centrali e i timori per il rallentamento dell’economia globale. Gli sforzi per rilanciare l’accordo sul nucleare iraniano del 2015 si sono arenati. L’offerta potrebbe interrompersi ulteriormente osservando la mobilitazione militare di Mosca, ma a controbilanciare c’è la ripresa economica cinese e la possibilità di ulteriori tagli alla produzione dell’Opec.

Il gas europeo si muove sotto i 185 euro per megawattora, per un ribasso del 2% circa tra stoccaggi quasi colmi e piano Ue per contenere l’impennata del prezzo, oltre che per rendersi più autonomi dalle forniture russe. Guardando i metalli preziosi, resta sotto la resistenza di 1.680 dollari l’oncia l’oro, debole come l’argento che non supera i 20 dollari, e il rame, che testa al ribasso l’importante soglia psicologica dei 3,4 dollari per libbra.