È il giorno del debutto di Porsche a Francoforte, dove nel primo pomeriggio è atteso il nuovo dato dell’inflazione tedesca a settembre. Dagli Usa in arrivo gli aggiornamenti sull’occupazione ma soprattutto sul Pil dell’ultimo trimestre. Ma è anche il giorno in cui le banche tornano protagoniste a Piazza Affari dopo le parole del numero uno di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, che non esclude un’operazione con Banca Mps, pur sottolineando che al momento il dossier non è sul tavolo. “Si vedrà”, ha detto il banchiere dopo l’aumento di capitale che dovrà lanciare la banca senese.

La partenza del comparto bancario però è tutta in rosso, così come gran parte del Ftse Mib a eccezione di Leonardo (+1,8%), pesante alla vigilia con oltre cinque punti percentuali di ribassi a causa dell’andamento della sterlina, Hera, Inwit e Amplifon, tutti difensivi. Occhio a Stmicroelectronics, legato all’andamento di Apple (-1,2%) andato male a Wall Street e in controtendenza rispetto al Nasdaq (+2%) perché non incrementerà la produzione di iPhone. Da tenere d’occhio infine Ferrari, sulla scia dell‘esordio di Porsche, e Tim, su cui prevale una forte volatilità dopo la vittoria alle elezioni di Giorgia Meloni.

Fed e Bce verso un aumento di 75 punti base dei tassi

Prevalgono, ancora, le preoccupazioni degli investitori legate al contesto geopolitico, con l’aumento delle tensioni tra Usa e Russia dopo il guasto avvenuto in mare sul gasdotto che trasporta il gas da Mosca alla Germania. Inoltre i timori per la recessione aumentano: i banchieri di Fed e Bce spingono per un prossimo aumento di 75 punti base. Fattori che annullano la buona seduta di Wall Street sostenuta assieme al resto degli asset dall’intervento della Bank of England, che ha annunciato il via libera all’acquisto temporaneo dei titoli di stato inglesi (grafico sotto) per evitare il crollo della sterlina dopo il maxi taglio delle tasse promosso dal governo della nuova premier Liz Truss.

La Bank of England acquista i bond inglesi e sostiene il mercato

Una mossa che ha alleggerito le posizioni sul dollaro tornato in area 113 e restituito di conseguenza un po’ di ossigeno alle materie prime, dai metalli preziosi (l’oro ha chiuso a +1,9% in area 1.660 dollari l’oncia) al petrolio, che ha raggiunto un guadagno massimo attorno al +5% e il Wti vicino a 83 dollari al barile. Un andamento, quello del greggio, sostenuto anche dai danni causati alle piattaforme sul golfo del Messico per il passaggio dell’uragano Ian. I principali produttori hanno infatti dichiarato di aver ridotto la produzione, in quella che di fatto è un’area da cui proviene il 15% dell’offerta americana. Nella seduta odierna tuttavia il petrolio registra di nuovo un forte rallentamento (-1,5%) legato alle preoccupazioni per la crescita economica, soprattutto se i tassi di interesse globali continuano a salire.

Dopo mezz’ora di scambi Piazza Affari cede l’1,6% a 20.527 punti, un importante supporto psicologico. Francoforte va peggio: -1,7% a 11.975 punti. Parigi lascia per strada l’1,6% a 5.671 punti mentre Madrid perde l’1,7% a 7.310 punti. Riprende a salire anche lo spread dopo due giorni di (lievi) ribassi, ora il differenziale è di nuovo in area 250 punti, con il btp che rende il 4,7% e il bund il 2,2%.


Grf Ftse Mib by Borsa Italiana

Gas, prezzo appena sotto 200 € ma tensione in aumento tra Usa e Russia

Discorso a parte merita il gas europeo, che oscilla sopra e sotto i 200 euro per megawattora. I timori sull’offerta dalla Russia rimangono predominanti, dopo le quattro perdite scoperte sui gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico. Mosca accusa gli Stati Uniti di sabotaggio. Inoltre, i disaccordi sui pagamenti tra Gazprom e l’ucraina Naftogaz hanno messo a rischio anche il gas naturale che fluisce attraverso l’Ucraina.

I prezzi rimangono comunque al di sotto dei livelli record raggiunti all’inizio di quest’anno, aiutati dallo stoccaggio quasi completo del gas, ultima l’Italia come ha spiegato il ministro Cingolani, ma anche dalle forti importazioni di gas naturale liquefatto, dal miglioramento della produzione eolica in alcune parti d’Europa e dalle previsioni del tempo miti. Il gas proveniente dalla Russia rappresenta ora circa il 9%, rispetto al 40% prima della guerra in Ucraina. La Norvegia è ora il più grande esportatore di gas d’Europa.